Per gli scotimenti cerebrali bisogna avere delle idee, delle passioni, delle aspirazioni. Il bonaccione della penna può essere utile, può essere un tipo di utilità pubblica. Egli è un rond de cuir. L'uomo di tavolino sente. Freme. Una tragedia gli rimescola il sangue. Una carneficina gli strappa un urlo. Un avvenimento estero lo indiavolava. Egli partecipa idealmente della esistenza collettiva. Vi si immerge nelle sue gioie e nei suoi dolori. Nell'avvenimento che annuncia c'è la sua voce, la sua truculenza. Non è mai imperturbabile. Anche Torelli Viollier che fece del giornalismo senza increspature per non perdere lettori, ha dovuto più di una volta sguinzagliare i suoi istinti. Tutto ciò che si vede nel contatto associativo giornalistico è una minore tendenza alla polemica. I Bizzoni e i Cavallotti hanno perduto terreno negli ultimi anni. Non si circola nel vento infuocato tutti i giorni. Non ci sono più le colonne atrabiliari. Gli articoli che portano via la riputazione e la prosa sanguinosa che va addosso a dell'altra prosa esasperata con grida omicidiarie sono diminuiti. Ma la furia è rimasta. Non è cessata. Anzi! il maestro di veemenza torreggia. La prepotenza signorile e grandiosa la troviamo nella bella prosa giornalistica di Giosuè Carducci. Gabriele D'Annunzio ha compiuto degli omicidi in prosa come contro Nitti e Giolitti. Spesso ha terrorizzato il suo pubblico. I suoi periodi funzionavano da strangolatori. La violenza è anche nelle penne di Turati e di Treves. Hanno prodotte frasi scultorie.
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