Altri trionfi finanziari. Ha fatto il librettista di films patriottiche associato a Pietro Mascagni, reduce anche lui dalle tournées argentine che gli avevano gonfiato la borsa.
Ferri era venuto a noi cortigiano perfetto. Si è avvicinato alla reggia. Ha trovato un'atmosfera fredda. Scoppiata la guerra europea si è ributtato nelle braccia del socialismo e ha cercato il collaborazionismo giolittiano. Sognava un portafoglio ministeriale. Quello della Giustizia. Mussolini fu il suo guastamestieri. Lo conosceva per un ciarlatano di fiera. Lo ha subito additato per un istrione di tutti gli ambienti e lo ha fatto rincorrere dagli "interventisti" come un ambizioso, un esibizionista e un avviso sesquipedale di vigliaccheria neutralista. Giolitti è stato fatto stramazzare e con lui il Ferri che gli teneva dietro come un pezzente.
Finita la guerra è rimasto un fanfarone. Indeciso se accomodarsi un'altra volta con la "bestia trionfante" o se aspettare l'avvenimento reale della chiamata al Quirinale. Anche il Facta lo ha lasciato postulante. La Marcia su Roma gli ha ravvivato i desideri. Lo ha fatto di nuovo un aspirante al portafoglio. Mascheratosi da "girondino" credeva che la sua testa lombrosiana fosse una necessità per i ricostruttori del Codice. Invece Mussolini aveva ministri da buttar via. Lo ha lasciato agli ozi di Rocca di Papa. Non lo ha voluto nemmeno nel listone di tutta la baraonda. A vederlo, adesso, si sente un po' di emozione anche per l'istrione. Dopo tante legislature, Ferri - che agognava la feluca - non è più nemmeno deputato.
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