Non ne sono schifato. Me l'aspettavo. Paolo Orano non è ancora entrato nella circolazione della coltura ufficiale. Non so perché. Forse per i suoi precedenti politici. La sua produzione libresca scivola nel mercato senza provocare emozioni. Lo seguo da dieci anni. Leggevo nel Socialismo di Ferri i suoi Patriarchi del Socialismo. Lo sfoggio dell'erudizione mi soffocava. Ho comprato i Moderni pubblicati dal Treves. So che il suo Cristo e Quirino non è stato preso in considerazione dai cristologi di vaglia.
Il suo stile è cattedratico, involuto, asfittico. Ha dei periodi così lunghi che vi danno l'asma. Il suo cervello è una immensa bottega da rigattiere. Non c'è nulla di sistemato. Nulla di completo e di profondo. La Lupa, lanciata, colla spettacolosa e poignante réclame del Quattrini, è morta quando l'involuzione patriottarda del suo direttore era già arrivata alla maturazione. Negli ultimi mesi viveva di ritagli del vecchio Avanti!
I vociani - cui va indubbiamente il merito di aver rinnovate le correnti della coltura nazionale - hanno fatto una parodia feroce degli scrittori delle Cronache Letterarie. Le potete avere con dieci centesimi. Chiedete La Voce di Firenze, il numero delle Croniche Letterate. Troverete articoli di Pourceaugnac, invece di Rastignac; Orin, invece di Orano; Donna Pagola, invece di Donna Paola - quella che incretinisce i bambini nella terza pagina del giornale democratico di Lardopoli. La prosa di Paolo Orano è stata parodiata alla perfezione. Le Cronache Letterarie non hanno risposto.
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