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      E lui ha cominciato a mettere in giro la storiella che la sua donna era stata presa dalla follia delle grandezze. Ella si decorava il petto come una bacheca di gioielliere. Lo faceva arrossire. Fole. Era naturale che non fosse più la stiratrice. Era naturale ch'essa non potesse più adattarsi alle abitudini della pitocca di Torino, di Londra, di Parigi. Crispi era salito. Lei stessa era un nome. La sua toilette non poteva più essere quella di prima. Rifiutata o disamata dall'uomo al quale aveva dedicata la gioventù si è data ad amare le bestie. Per lei erano più buoni i cani e i gatti che il marito. Indispettita, commetteva stravaganze, indossava abiti vistosi. Forse era gelosa. Forse sentiva che dietro lei era un'altra femmina. Crispi vedeva i suoi abiti verdi e si esasperava. Ammetto che potesse separarsi. Che la vita con lei non fosse più possibile. Ma il trucco? Il falso atto matrimoniale con la complicità del falso prete e dei due complici, Depretis e Tamajo? Rosalia che veniva a ogni momento invitata a far casa da sé, che sentiva gli amici che la lavoravano per prepararla alla separazione soffocava i dolori nelle bibite. Beveva. Crispi che passava da un successo parlamentare all'altro, un giorno disperato del ménage che lo disgustava corse dal Tamajo. Glielo ha detto. Egli non voleva più saperne di Rosalia. Piuttosto che riprendere la vita in comune con lei era pronto a uccidersi, a ucciderla. Se ne vada, diceva, le assicurerò la vita. Se ne vada!
      Crispi ti scaccia
      , le disse il Tamajo.


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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