Si è affrettato a sposare civilmente alla chetichella, senza pubblicazioni, a Napoli, quand'ella aveva 33 anni. Il garibaldino ha saputo acconciarsi subito alla livrea. La prima volta che ha pranzato a corte alla tavola di Vittorio Emanuele II, ha indossato il frak ricamato con la placca della gran croce dei santi Maurizio e Lazzaro, con il cappello a piume e con le brache corte dei cortigiani come uno di reggia. La Lina, in fatto di educazione, non dava punti alla Rosalia. Al pranzo di corte teneva la forchetta fin quasi ai denti. Più tardi andava in carrozza coi porchetti vivi, ai quali metteva al collo il nastro rosso. Palermo e Napoli l'hanno veduta con i suoi favoriti del truogolo. Della sua fedeltà non vale la pena di parlare. I suoi scandali di letto sono nelle cronache. Sono arcinoti i bigliettini amorosi agli amanti capitati nelle mani del Comitato dei cinque o dei sette. Uno fra i quali è quello divenuto famoso per l'indiscrezione di un membro dello stesso comitato. Era un invito al prediletto del momento, un giornalista amante. "Vieni, spaccami il c... ma fammi godere." La casa di Crispi non aveva migliorato, forse era peggiorata. Più di una volta, anzi molte volte, egli si trovava a tavola sconosciuti amici della signora. La sua tavola aveva sempre invitati, parecchi invitati. A tavola parlava poco e mangiava meno. Si assentava prima di tutti. Gli ospiti continuavano.
Il colpo tragico è stato compiuto da Nicotera. Vittorio Emanuele era morto. Pio IX era crepato. Mancava la morte morale di Francesco Crispi.
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