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      La sua morte era una pausa fra il potere regio e l'anima nazionale. Era la tregua di un attimo tra l'uno e l'altra. Ma subito dopo ricominciava la furia omicida. Alle condanne capitali, ai massacri di folle, alle deportazioni penali si rispondeva con gli assassinii politici. Il sogno di ogni popolo tribolato era la testa del suo Luigi XVI. I pił grandi patriotti dell'epoca sono stati tutti credenti nel giustiziere che puniva il giustiziardo con la morte violenta. La sua morte tragica era considerata un'espiazione dei delitti regi. Il monarca pił esecrato e pił cercato dal regicida di quei tempi era l'Imperatore d'Austria. Egli era salito al trono in un momento in cui tutti i popoli domandavano a grandi grida la costituzione. Le sue riforme sono state le fucilate in massa, le impiccagioni simultanee, le condanne a migliaia d'anni per volta. Borghesi e proletarii hanno confuso il loro sangue, come avevano confuso l'ideale della risurrezione politica. Vienna come Budapest sono stati il teatro di sommosse. L'Austria e l'Ungheria erano solcate di croci. Francesco Giuseppe aveva soppresso le inquietudini dei sudditi con i carnefici. Egli ha continuato a uccidere e impiccare senza paura del vituperio internazionale.
      Tempi di sospetti, di calunnie, di delazioni. Il despotismo non poteva vivere nel suo immenso edificio della politica sanguinaria che circondato di complici prezzolati. I sudditi tremavano. Vivevano in un'agitazione continua. Avevano paura delle stesse pareti tra cui conversavano a bassa voce.


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L'uomo pił rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69

   





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