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      Cospirava. Nelle vie e nei ritrovi era armato di coltello o di pistola. Guai a ingiuriarlo! Era una condanna a morte. Tutte le autorità erano maledette, stramaledette. Non poteva soffrirle. La polizia che pedinava, che faceva delle visite domiciliari, che agguantava i patriotti, che vituperava le riputazioni aveva tutti i suoi risentimenti, tutti i suoi odii. Non era che della sbirraglia. Perseguitato, ammazzava. Cadeva un agente, di grado alto o basso, in mezzo alla strada, di giorno o di notte, senza che alcuno fiatasse. C'era solidarietà. Il torto fatto a uno era fatto a tutti. Tutti sentivano lo stesso oltraggio: tutti smaniavano per la stessa punizione. Nelle disgrazie giudiziarie, nelle sventure personali, nelle bufere politiche il romagnolo era con i romagnoli. Si accomunavano nelle sventure come nelle gioie. Piangevano assieme, deliravano assieme, si accendevano dello stesso sdegno o della stessa disperazione e cooperavano tutti assieme per difendere le vittime dalle infamie legali. I servitori del governo erano odiose creature guardate di sbieco, rincorse sovente dalle furie cerebrali. La spia era cercata dal randello o dalla pistola romagnola. La si bastonava in tutti i luoghi, nel sole o nella tenebra. Ella era un metrocubo di abiezione. Rettile per i loro calcagni. La parola vigliacco! scuoteva tutti i loro muscoli, tutte le loro persone. Li faceva allibire. È un vocabolo che nel loro vocabolario equivaleva a una vendetta. Era senza perdono. Chi la scaraventava alla testa di un altro doveva mettersi in guardia.


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L'uomo più rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69