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      Si credevano offesi. Si urtarono, si colluttarono. Dalla lotta a corpo a corpo Amilcare Cipriani si è sentito percosso, grondante di sangue. Perdeva sangue dalla fronte, e dal ventre. Il penultimo dito della mano destra perdeva anch'esso sangue. Le mani erano ai coltelli. Il tafferuglio avveniva in una via angusta. Nel momento in cui i corpi erano aggrovigliati si erano precipitati su loro due agenti di polizia. Bisognava sottrarsi o morire. Cipriani si è fatto largo. Uno degli aggressori è caduto morto.
      Per un uomo di piattaforma, lo spargimento di sangue in una rissa volgare è sempre una disgrazia. Amilcare Cipriani alla mattina si è svegliato come da un sogno. Ignorava i cadaveri. Non c’era tempo da perdere. O lasciarsi appendere alla forca del boia, o prendere il piroscafo. Cipriani, uomo d’azione, non è stato in forse. Si è salvato. È giunto a Londra. Si è trovata un’occupazione in uno stabilimento fotografico.
      È stata una pagina che ha solcata l'anima del povero profugo. Molti anni dopo mi raccontava l'avvenimento tutto rabbuiato, abbattuto come nella mattina che aveva udito che nella bagarre della notte c'erano dei cadaveri. Il suo rincrescimento era intenso. Rincrescimento che lo ha accompagnato e lo accompagnerà nella tomba.
     
      In Camicia Rossa
     
      Siamo nell’epoca più fantastica della penisola smembrata. Epoca romanzesca, con attori spettacolosi, con antitesi commoventi e terribili che andavano dagli stringimenti affettuosi alle detonazioni che mettevano l'Italia sottosopra. Gli uomini sembravano usciti dalla fornace delle insurrezioni.


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L'uomo più rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69

   





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