La partenza del «Piemonte» e del «Lombardo» dalla rada genovese aveva trasmesso in tutti un'ansia indicibile. Tutti i pensieri erano dietro i piroscafi della Rubattino. È stata un'emozione divenuta storica. Tutti avevano palpitato in quella notte stellata del 5 maggio. Si sperava e si temeva. L'angoscia è durata più di due giorni e due notti. La notizia dello sbarco è stato un sollievo dalla Sicilia alle Alpi.
Amilcare Cipriani non poteva rimanere negli indumenti del soldato regio. Se ne è sbarazzato ed ha raggiunto il generale con la spedizione Medici. È alla battaglia di Milazzo ch'egli è comparso in camicia rossa. L'eroismo garibaldino di quella giornata è in tutte le pagine dei giornalisti che prendevano la penna fumante dei combattimenti. Fra i giornalisti erano Edoardo Arbib, furiere, Pietro Coccoluto Ferrigni, detto Jorick e il corrispondente dell'Unità italiana che incominciava la lettera così: «Mio fratello è morto, la mia gamba (con due ferite) è tormentata da atroci dolori. Nino Bixio era corrispondente.
A Garibaldi che faceva inseguire il nemico dicendo:
- Alla baionetta: avanti, figliuoli: è stato portato via con la suola dello stivale la staffa del cavallo. È stato un momento in cui tutti hanno trepidato per il generale. Egli si era trovato assalito dalla cavalleria nemica che aveva ricacciato i garibaldini indietro e lo aveva obbligato a gettarsi in un fosso laterale alla strada e a difendersi con la sciabola alla mano. Il colonnello Missori fu subito al suo fianco.
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