Mi ero insomma preparato come il nostro amatissimo Costa, per difendere quel partito che è la libertà, la giustizia, l'uguaglianza, la fratellanza dei popoli e che è perseguitato e velenosamente qualificato composto di malfattori.
Eppure gran parte dei governanti d'oggi furono precursori di questi malfattori; i perseguitatori d'oggi sono i perseguitati di ieri. Per questo non dovrebbero ignorare che le persecuzioni furono sono e saranno sempre la vita dei partiti e delle idee nuove. Sono le persecuzioni che le fanno grandeggiare, stimare, amare, difendere, adattare, perchè le vittime non producono dei carnefici, ma dei vendicatori.
Le persecuzioni sono la vita, l'alimento, l'anima, la forza delle rivoluzioni, anzi sono la stessa rivoluzione. Immerso in tali idea alla vigilia del dibattimento mi è giunta una lettera di Enrico Bignami nella quale era detto che per la festa dello Statuto sarebbe stato promulgato un decreto d'amnistia per tutti i reati politici e che a giorni sarei stato libero.
Da Rimini, voi cari fratelli, confermavate la piacevole notizia con tutte quelle parole che mi facevano sentire il desiderio della libertà.
Preparai il sacco e attesi.
Eravamo ai primi di giugno. Le giornate eterne, tetre ed infuocate, mi rendevano l'aspettativa più penosa e la cella insopportabile.
Ogni volta che la porta si schiudeva, m'alzavo automaticamente, mi mettevo il cappello in testa, guardavo la guardia e aspettavo che mi dicesse: avanti, si parte. Ma l'uscio si richiudeva ed io deluso, risedevo dicendo a me stesso: a domani!
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