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      A furia di aspettare ero quasi ammalato. Finalmente un giorno si aperse l'uscione.
      - Lo vogliono dabbasso.
      Ci siamo, dissi tra me e me e scesi. La guardia che mi conduceva non mi rispondeva che a monosillabi. Le guardie lungo i raggi invece di farmi il solito saluto militare mi sbirciavano a stracciasacco.
      - Curiosi, dicevo mentalmente. Si direbbe che sono malcontenti di vedermi andar via.
      Credevo che per la mia uscita non ci fosse che un foglio da firmare o da adempiere a qualche formalità noiosa. Nella stanza non ho trovato che visi burberi. Mi si diede una carta piegata. Invece dell'amnistia era un mandato di cattura. Ero ilare e sorridente e rimasi sorridente e ilare. Coloro che mi erano d'intorno mi erano cogli occhi in faccia. Riabbassai gli occhi sul foglio fatale e confusamente avevo veduto che si trattava di un omicidio volontario. Lessi: Egisto, Fortunato Santini, ecc. Compresi tutto. Il sangue mi diede un tal tuffo al cuore che credetti di cadere fulminato. Non vidi più nulla, non intesi più nulla. Gli occhi mi si appannarono, le orecchie mi fischiavano come dopo l'esplosione di una formidabile mina; intesi il pavimento muovermisi sotto i piedi, grondavo sudore e malgrado lo sforzo, se non mi fossi trovato al muro, sarei senza dubbio caduto. Fu un brutto momento, di quei momenti che spezzano il cuore di un uomo e se non l'ammazzano, lo istupidiscono per tutto il tempo della vita e se non è cacciato in un manicomio lo si trova appeso a una corda.
      - Allorquando tornai in me una sola esclamazione mi è traboccata dal cuore, profondamente piagato.


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L'uomo più rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69

   





Egisto Fortunato Santini