Sono viscidi.
Le celle sono piccolissime. Calata la branda non c'è più spazio. Se è voltata al muro si fanno cinque passucci senza urtarla. Le finestre sono del sistema. A due metri dal suolo con inferriate a scacchi e buffe di pietre che oscurano lo spazio del prigioniero e impediscono di circolare con gli occhi per l'aria libera. Piegandosi e rizzandosi sulla punta dei piedi si riesce a vedere un pezzo di cielo largo un fazzoletto. L'aria da uno spazio così angusto entra fredda, pesante, umida, malsana. L'aria di dentro è corrotta dai miasmi, dalla respirazione e dal vaso innominabile che serve da water closet. Con la spia sempre chiusa non c'è corrente per rimuovere l'aria.
C'è una biblioteca. La più fornita di volumi delle carceri d'Italia. Ma c'è il guaio che è dimezzata. C'è la biblioteca detta del direttore la quale non è che della carcere. Nelle sue mani diventa un privilegio. È lui che concede i libri. Poi c'è quella circolante nelle mani del prete, ammucchiata di libri religiosi. La biblioteca circolante distribuisce libri ogni venerdì. Durante la mia prigionia a Milano ho letto più di quattrocento volumi.
I cortiletti di passaggio sono gemelli delle celle. I nemici dello spazio si sono saziati di crudeltà. Hanno dato ai detenuti un circolo diviso in tanti spicchi a piccoli triangoli, circondati da alte mura. Il prigioniero vi si muove a disagio. L'apertura d'entrata è chiusa da un cancello attraversato da una larga lastra di ferro che circola in tutto il recinto cancellato per impedire al recluso di vedere chi passa.
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Italia Milano
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