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      Divennero feroci. La rivolta era stata una smargiassata, ma la repressione durò più di tre anni e per taluni dura ancora. Molti morirono di stenti nelle celle di rigore, altri perdettero la ragione e non pochi la salute. Simon ha avuto modo di mettere in azione tutti i suoi risentimenti. Egli ha punito o fatto punire gli infelici con mesi e mesi di cella di rigore a pane ed acqua, colla doppia catena. Mandò molti al puntale alla terza maglia, mezzo nudi, lasciandoveli d'inverno coricati sulle lastre di marmo, con le finestre sul capo aperte giorno e notte. Puniva, turbava, esasperava. Le ronde ogni mezz'ora completavano i suoi castighi. Uno dei condannati a vita dopo un anno consecutivo di cella di rigore a pane ed acqua, incatenato al puntale con doppia catena ed alla terza maglia, mezzo morto, più morto che vivo, veduto il direttore in visita, supplicava perchè almeno lo liberasse dal sudiciume che gli marciva le carni.
      Il direttore Barrago se ne andò via con lo scherno in bocca. Il povero diavolo era nella cella n.° 12, quasi di fronte alla mia. Udivo le sue parole. Era impazzito e lo si lasciava alla catena.
      Diceva: sono il principe Cesarini di Roma, datemi da mangiare!
      Simon non si placava che coi galeotti che si prestavano a fargli la spia.
      Dunque posso dire che dal primo all'ultimo giorno tutti si scapricciarono sulle mie spalle. Il 18 luglio 1888 fui visitato dal fratello Alceste e da alcuni amici che avevano agitato il paese per liberarmi. Un'elezione dopo l'altra mi aveva avvicinato all'uscita.


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L'uomo più rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69

   





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