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      Alla visita per essere tra i primi alla deportazione il medico ha detto:
      - Bon pour les requins! buono per i pesci cani.
      Siamo partiti in 400. Il comandante della sconquassata imbarcazione di trasporto odiava i rivoluzionari fino al delirio. Non trovo scuse per le sue crudeltà. Sul ponte è venuto a passarci in rivista. Io ubbidivo macchinalmente. Il mio pensiero pareva spento. Guardavo le onde grige che venivamo a rompersi sui fianchi della Danae. Ho udito il mio nome. Trasalii.
      - Ah! siete voi il famoso bandito!
      - Bandito o no, sono io. Che cosa volete?
      - Non fate lo spavaldo!
      Restai calmo. Alzai le spalle. Mi caricò di ingiurie. Trattenni mentalmente i miei nervi, ma la continuazione delle insolenze mi fece uscire dalla fila.
      - Signore, voi siete un vigliacco!
      Il suo viso sì colorò di rosso e la sua bocca si aperse senza riuscire a pronunciare una parola. Egli era come stordito che un condannato alla deportazione pepetua usasse servirsi del vituperio.
      - Alla stiva! rispose fremente di collera.
      Ho subito ottanta giorni di supplizio. Ero un sepolto vivo con mani e piedi incatenati a una sbarra di ferro conficcata nel pavimento. Mi toccava rimanere costantemente supino su una lastra di ferro inchiodata anch'essa con grosse chiavarde sporgenti come noci. Il rullio e beccheggio del vascello mi rotolava sulle chiavarde che mi piagavan il corpo seminudo. Più si andava avanti e più il caldo diventava ardente. Io vivevo senza luce, senz'aria, accanto a una macchina a vapore della forza di 350 cavalli in una latitudine in cui si bruciava.


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L'uomo più rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69

   





Danae