Presso Plutarco(29) Metrio Floro vaglia per tutti; perciocché, secondo il comune opinare de' dotti difese che vi sieno i mal'occhi de' jettatori, dicendo parimente che chi alle cose, delle quali ignora le cause, non crede, in certo modo uccide la filosofia: mentre dove manca la ragione, là incominciamo a dubitare ed inquerire, cioè a filosofare: «oportet vero, cur unumquodque fiat, causam ratione investigare; an fiat, ex historiis est percipiendum»; e poi recando gli esempi di coloro che la jettavano cogli occhi, non solo a' bambini, che per l'umidità e debolezza loro possono piú facilmente esser mutati in peggio, ma a' corpi fermi altresí. Si adducono poscia alcuni paragoni ed argomenti per l'esistenza della jettatura, e conchiudesi il bellissimo luogo di Plutarco col fatto di Eutelida, il quale la jettò a se stesso.(30)
E che gli antichi Greci fossero stati facilissimi a credere alla jettatura può arguirsi senza tema di errare dalla greca originazione stessa della voce fascino, poc'anzi dichiarata; e dagli brevi, che aveano per rimedio contro alla jettatura, appellati bascania. E bascanus è colui il quale cogli occhi uccide, e guasta, oculorum acie mai nei pernecat, corrumpitque visa.(31) Varrone e Festo ne insegnano esser tali rimedi chiamati proebra, cioè prohebra, a prohibendo. I Greci li chiamavano alexìaka. E frall'altro credeano che giovasse a rimovere la jettatura lo sputare. Onde Teocrito:(32)
Os mè baskantho d'è tris emòn èptüsa kòlpon
(Ne vero fascino laederer, ter in gremium meum despui).(33)
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