Da Aristotele la fantasia, cioè l'imaginazione, vien definita: «quidam motus factus a sensu actu operante, interventu specierum ab externo objecto receptarum». E siffatte specie sono come le impressioni che si fanno nella cera; e restano piú o meno impresse, secondo la gagliardia delle impressioni, e la qualità della membrana, in cui si fissano, piú o meno tenera. Le specie medesime ne' sogni si risvegliano: e Renato des Cartes rassomiglia questa membrana ad un ventaglio di donna, che in tutto si dispiega, ove siam desti; o in alcune parti soltanto, ove dormiamo. E qui potrebbesi osservare una virtú, per dir cosí, simpatica fra' vapori, e fumi, che si mandano dallo stomaco al capo, e le piegature di quella membrana, dove son fissate specie tetre e malinconiche, o amene e gioconde, secondo i cibi crudi, aspri, o buoni, e succosi.
Chi non sa intanto che questa potenza è miracolosa nelle sue operazioni, e nel modo di operare? Chi non sa quanto potere abbia sul proprio corpo? «Imaginationem in proprio corpore multum valere, nemini non constat», dice il medico Avicenna.(118) Anzi soggiunge: «si hominis voluntas, et imaginativa fuerint vehementes, elementa, venti, et reliqua naturalia sunt nata eis obedire».(119) Io non entro ad esaminare ciò che dicono alcuni, che per una forte fantasia possa un uomo, senza articolar parola, comunicare i suoi sentimenti interni ad un altro in qualche distanza; per una copia di spiriti da essa emanati, che commuove l'ambiente aria, a guisa della voce; siccome Mitridate Re di Ponto, dotato di una stupenda imaginativa, comunicava cosí, senza parlare, i savi pensieri a' ministri suoi:(120) e che, come i magnetici effluvi mantengono equilibrato in aria un corpo più grave di essa, possa avvenire lo stesso al corpo di un uomo elevato dalla forza di piú copiosi spiriti, trasfusi da una forza vitale, qual'è quella di una gagliarda fantasia.
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