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      E poiché è facile e comune traslato il designare i fedeli di qualcuno o di qualche cosa col nome della cosa stessa (noi diciamo per esempio: «Cristo ha vinto» per dire: «Ha vinto il Cristianesimo»), tale donna amata servì agli adepti anche per designare segretamente la setta alla quale essi appartenevano e della quale si dicevano fedeli.
      Il Rossetti raccolse un numero stragrande di potentissimi indizi per dimostrare questo fatto, ma da principio errò assai gravemente nell'interpretare il carattere di questa dottrina segreta, perché credette che questi «Fedeli d'Amore» fossero semplicemente una setta ghibellina, che dissimulava in ambiente guelfo il suo ghibellinismo e designava in questa mistica donna l'idea imperiale. In seguito egli trasformò la sua interpretazione e, ricollegando tutto questo movimento ai misteri antichi, considerò i «Fedeli d'Amore» come continuatori di un segreto culto pitagorico per una Sapienza iniziatica e odiatori della Chiesa e della sua dottrina(3).
      Ma l'idea del Rossetti si confuse, si corruppe e ondeggiò tumultuosamente in molti volumi che mettevano in luce innumerevoli importantissimi fatti, ma nei quali faceva gravemente difetto la disciplina del pensiero e la rigidezza del metodo.
      I tempi che seguirono parvero facilmente sopraffare e distruggere tutta l'opera rossettiana.
      Cospiravano insieme a questa distruzione, oltre ai difetti gravi dei libri del Rossetti, tendenze e interessi di diversissima natura.
      Era contraria a quest'opera la critica rigidamente storica, attaccata ai documenti e alla lettera dei documenti e, per la sua stessa precisione e determinatezza, assolutamente incapace di sentire e di apprezzare una vena di pensiero volutamente nascosta sotto quelle poesie, che con tanta pazienza essa scopriva, collazionava e redigeva secondo il testo critico.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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