Non basta. Un dotto gesuita, il Gietmann(12), senza tener nessun conto dell'opera del Rossetti, scriveva un libro in molte sue parti efficacissimo, per dimostrare che la Beatrice della Vita Nuova è simbolica e rappresenta la «Chiesa ideale» (quello stesso che rappresenta nella scena apocalittica del Purgatorio). E, se nelle sue applicazioni speciali appariva troppo impacciato dal suo zelo ortodosso, si avvicinava molto al vero e riusciva efficacissimo nel dimostrare che essa era un simbolo di un'idea mistica, e nel demolire la pretesa Beatrice reale.
Ma mentre la principale di queste pseudo donne, ad onta della falsificazione del Boccaccio (che, essendo un «Fedele d'Amore», dette a intendere agli ingenui dell'età sua e delle età posteriori che fosse donna vera quella Beatrice, ch'egli sapeva benissimo essere simbolo pericoloso a nominarsi) e ad onta del famoso testamento di Folco Portinari (che testimonia, ś, essere esistita una signora Beatrice dei Bardi nata Portinari, ma non pesa neppure un grammo per dimostrare che questa fosse la donna amata da Dante), mentre dico, la principale di queste donne rivelava il suo vero volto di mistica Sapienza, nel quale anche Giovanni Pascoli la riconobbe(13), un contributo interessantissimo veniva dato alla questione dallo studio della poesia persiana.
Si illumiṇ sempre meglio il fatto che in Persia e in genere nel mondo islamico, tra il secolo IX e il XV, un vastissimo movimento mistico e religioso si era svolto proprio a quel modo che il Rossetti aveva delineato per la setta dei «Fedeli d'Amore». Mistici musulmani e Sufi, in Persia, avevano scritto una quantità enorme di poesie nelle quali la mistica Sapienza che conduce a Dio o Dio stesso erano rappresentati e cantati simulatamente sotto la figura della donna e qualche volta persino (orrore!
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