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      Esiste un'altra coppia di sonetti molto istruttiva per dimostrare la compagine dei «Fedeli d'Amore». Nell'uno di essi un ignoto scrive a Dante appellandosi a lui contro una donna che lo ha incolpato, parola che può suonare accusato come ferito con colpi, e quantunque nella seconda parte del sonetto questo «incolpato» venga a essere confuso con la parola «conquiso», sta di fatto che l'anonimo chiama in aiuto Dante contro una donna come se questa lo avesse accusato e descrive i connotati della donna in maniera così generica che evidentemente Dante doveva già sapere di quale donna si trattava. E non si trattava di una donna, ma della setta, perché non è mai usato, nemmeno negli ambienti della malavita, di chiamare un altro uomo a far vendetta della propria donna, mentre invece è perfettamente naturale che un amico «di debile affare» come si chiama l'anonimo, cioè un adepto di basso grado, accusato presso la setta, si sia richiamato alla testimonianza o all'appoggio di Dante. E la risposta di Dante conferma pienamente tale ipotesi. Ecco il sonetto:
      Dante Alleghier, d'ogni senno pregiatoche 'n corpo d'om si potesse trovare,
      un tuo amico di debile affareda la tua parte s'era richiamato
      a una donna che l'ha sì incolpatocon fini spade di sottil tagliare,
      che in nulla guisa ne pensa scampare,
      però che' colpi han già il cor toccato.
      Onde a te cade farne alta vendettadi quella che l'ha sì forte conquiso,
      che null'altra mai non se ne inframetta.
      Delle sue condizioni io vi diviso,
      ch'ell'è una leggiadra giovinetta


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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