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      Che c'entrava? L'amico ha l'aria di parlargli per la prima volta ed egli sa tutto, trova che era suo dovere scrivere, sa che la sua lettera avrebbe risanato il colpo.
      E via! Lasciamo gli ingenui a credere che qui si tratti veramente di amore. Questi appelli alla persona di alto grado, queste risposte in fretta piene di preoccupazione, questo evidente parlare per sottintesi, questo dare ad intendere che si danno i connotati di una donna dicendo semplicemente che è «una leggiadra giovinetta / che porta propiamente Amor nel viso» è tutto un insieme di cose che nel senso letterale non regge e viceversa regge perfettamente con l'ipotesi che qui si sostiene.
      Ma qui c'è da aspettarsi una delle solite risposte ingenue della critica «positiva»: si trattava di una Corte d'amore.
      Risposta ingenua per due ragioni: prima di tutto perché di questa Corte d'amore nessuno ci dice né dove risiede, né dove si riunisce, né chi ne è il capo, né ci dà in nessuna maniera alcun ragguaglio preciso ed è evidentemente, se pur si voglia chiamare Corte d'amore, qualche cosa di segreto, e inoltre perché quando si sia detto che è una Corte d'amore, non si è detto affatto che non fosse una società segreta con intenti religiosi o mistici, perché tutti sanno che le Corti d'amore di Provenza furono spessissimo mascherature di riunioni settarie, attraverso le quali i trovatori albigesi conducevano la loro propaganda e la loro lotta.
      Pertanto, quando a questa riunione si sia dato il nome generico di Corte d'amore, non si è saputo nulla sul vero contenuto della sua attività e sulle sue intenzioni, che indiscutibilmente esorbitano da quell'attività puramente cavalleresca e cortigiana che pretendevano esercitare le Corti d'amore.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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