Dante, continuando il gioco della Vita Nuova nella Commedia, può in questa raffigurare chiaramente la sua Beatrice come Sapienza santa venuta in terra con le tre virtù teologali e che stette un giorno e dovrebbe stare sul carro della Chiesa fatto per portare lei, mentre quel carro porta ora la sua antitesi, la meretrice, scienza delle cose divine corrotta e asservita dal potere mondano. A parte le incongruenze già notate, sarebbe inverosimile che contemporaneamente a Dante un altro poeta avesse compiuto una trasfigurazione analoga se in queste donne il carattere di «simbolo della Sapienza santa» non fosse stato già fin da principio. Tanto più strano sarebbe che queste due donne, l'Intelligenza di Dino Compagni e la Beatrice-Sapienza della Divina Commedia si ritrovassero con tanti elementi comuni e vestite proprio allo stesso modo, perché la veste dell'Intelligenza è questa:
E vestesi di seta catuia(55)
il su' colore è fior di fina grana(56)
ed ha una mantadura oltremarina(57)
e foderato di bianch' ermellinoquand'ella appor con quella mantadura
allegra l'aire e spande la verdurae fa le genti star più gaudiose(58).
Beatrice, come tutti ricordano, appare vestita di rosso, con manto verde, e il velo bianco(59). Non solo, ma l'Intelligenza ha nella sua corona sessanta (si badi bene, sessanta) bellissime pietre, proprio come Beatrice stava in una famosa canzone (che Dante ricorda e che, forse non per caso, andò distrutta)(60) con altre sessanta donne, il che farebbe molto meravigliare se la primogenita e il prototipo di tutte queste finte donne, cioè la donna del Cantico dei Cantici, non fosse essa pure l'eletta fra sessanta regine: «Sessanta sono le regine.
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