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      Proprio nel momento in cui domandava l'intercessione di queste «donne» avrebbe detto loro, con una grossa «gaffe», precisamente questo, che cioè esse valevano qualche cosa soltanto per merito di lei! Ma gli adepti (le donne alle quali la poesia era diretta) non potevano offendersi perché sapevano benissimo che il loro valore derivava tutto dalla Sapienza santa, alla quale tutti servivano.
      Guido Orlandi diresse una volta a Guido Cavalcanti un sonetto nel quale gli chiese: «Onde si move e donde nasce amore?». Conosciamo la risposta di Guido Cavalcanti che comincia: «Donna mi prega perch'io voglia dire» e chi l'aveva pregato era evidentemente un uomo(75).
      Orbene, tutte queste stranezze delle quali, se ben si badi, la più grave nel campo della psicologia e nel campo della interpretazione realistica sarebbe quella di fare delle donne, non di una donna, ma di molte e indefinite le confidenti e intermediarie per un amore del quale d'altra parte si pretende di tenere assolutamente nascosto a tutti il sacro oggetto, e di attribuire a queste donne, amiche o compagne che siano, il riconoscimento chiaro e proclamato della superiorità della bellezza e della grazia di un'altra e la sua signoria, tutte queste stranezze, dico, non son più affatto stranezze sol che si assuma l'ipotesi che con la parola convenzionale «donne» tutti costoro abbiano inteso di designare nascostamente i compagni «Fedeli d'Amore» e ugualmente devoti come loro alla Sapienza santa; in una parola sola: gli adepti.
      Ho osservato la palese contraddizione nella quale si mostra impigliato Dante quando dice che l'amore è cosa da non parlarne ad altri che alle donne proprio in un libro che è dedicato a un uomo e mentre scrive una quantità di versi dedicati a uomini e parlanti del suo amore.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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