Un tale sguardo ci mostra che verso la mia tesi convergono inconsapevolmente una quantità di idee e di conoscenze moventi dai campi più diversi e che in questi ultimi tempi si sono sempre meglio chiarite.
Quando io ripeto che nella poesia dei «Fedeli d'Amore» in generale, in quella dei poeti del dolce stil novo in particolare, si era infiltrato un gergo segreto per celebrare, sotto l'apparenza della donna, la Sapienza santa, io non faccio se non proclamare una verità verso la quale convergevano, senza che la critica positiva se ne accorgesse, altre verità notissime e accettatissime che devono essere semplicemente estese per giungere alla mia tesi.
1. Tutti sanno e riconoscono che vi è un simbolismo della donna-Sapienza diffuso nei libri pseudo salomonici della Bibbia, diffuso nei misteri antichi, diffuso nella tradizione filosofica dell'alto Medioevo (si ripensi a Boezio che è consolato da una filosofia, che ha figura di donna e parla come una donna).
Basta fare un passo per ammettere che questo simbolismo ispirò anche la oscura e involuta dottrina dei «Fedeli d'Amore».
2. Tutti sanno che proprio questo simbolismo della donna-Sapienza e della donna-Divinità ispirò la poesia dei «Fedeli d'Amore» in Persia, i quali usarono proprio il gergo convenzionale erotico per esprimere le idee mistiche e, oltre al simbolo della donna, adoperarono anche il simbolo del vino e il simbolo del giovinetto amato, e molti, dopo le prime rivelazioni del Rossetti, hanno riconosciuto che tale simbolismo penetrò con qualche venatura anche nella poesia d'amore dei poeti di lingua d'Oc e di lingua d'Oil, influenzati probabilmente attraverso i Manichei e i Templari dal misticismo arabo-persiano.
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