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      E soprattutto questo movimento non ha nulla a che vedere secondo me (malgrado qualche lontana analogia di forma comune a quasi tutti i movimenti segreti e iniziatici), con la Massoneria modernissima di carattere laico o vagamente teista, perché, lungi dall'aspirare alla libertà e alla laicità del pensiero, culmina nel suo momento più felice nella formula dantesca della Croce e dell'Aquila, formula che santifica l'autorità assoluta della Chiesa (purificata) e dell'Impero.
      Non voglio tediare il lettore costringendolo a rifare con me tutta la strada che mi ha portato alle mie conclusioni. Quando si ricostruisce dai suoi frammenti una statua infranta, si presenta la statua ricomposta: è inutile raccontare per quali tentativi si giunse a ricomporla.
      Il combaciare perfetto dei frammenti e la significazione dell'insieme sono la sola prova della buona ricostruzione. Per illuminare la dimostrazione che verrà dopo, dico subito quale risulta la composizione dell'idea segreta dei «Fedeli d'Amore» secondo la mia indagine, la quale indagine (specie in questa parte) se utilizza cautamente anche l'opera del Rossetti e del Perez, è ben lontana dall'accettare tutte le conclusioni e le confusioni del primo e dal limitarsi alle poche cose che dimostrò (ma assai lucidamente) il secondo. Il movimento dei «Fedeli d'Amore» non si intende, secondo me, se non come il risultato del confluire di cinque diverse tradizioni.
      1. Una tradizione più propriamente filosofica che, muovendo dall'Aristotelismo interpretato da Averroè, usava rappresentare in figura di una donna «l'intelligenza attiva», cioè quell'intelligenza unica e universale (l'intelletto attivo contrapposto all'intelletto passivo, che è proprio di ogni individuo), che avviva di sé l'intelletto dell'individuo ed è quella che lo conduce alla conoscenza delle supreme eterne idee inattingibili coi sensi, quindi alla vera pura contemplazione e a Dio.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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