E non è Salomone, il creduto autore di questi libri, colui che è esaltato da Dante come quegli che fu più vicino di tutti alla Sapienza («A veder tanto non surse il secondo(114)»)?
La donna del Cantico dei Cantici ha tratti personali apparenti ben caratteristici, le sue bellezze sono assai sottilmente e talora veristicamente elencate e analizzate, la sua passionalità femminile apparentemente è ben più viva di quella delle evanescenti donne del dolce stil novo; la ricerca che ne fa l'amante è ben più appassionata e sensuale di quella che fanno Dante o Cino della loro donna; ma tutti sanno che la donna del Cantico dei Cantici è semplicemente il simbolo della Sapienza santa e l'interpretazione che dà ad essa la Chiesa non si allontana affatto sostanzialmente da questa, perché la Chiesa è appunto Colei nella quale la Sapienza santa che vede Iddio si impersona e vive.
Quei critici «positivi» che mi citeranno quelle poche frasi qua e là diffuse nella poesia del dolce stil novo ove pare lampeggi un raggio di vero amore, ripensino se non vogliono trarre conclusioni superficialissime ai lampi di verissima sensualità che balenano nel Cantico dei Cantici, ripensino alle «mammelle più dolci del vino» che sono un'idea mistica e non sono mammelle, ripensino a tutte le parti della donna esaltata così dolcemente e che sono idee mistiche, ripensino al dolce sonno della fanciulla tra i fiori, alle espressioni così calde e frementi da far impallidire ogni parola d'amore dei poeti del dolce stil novo.
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