Ma la mente, ancor rude, non può elevarsi alla contemplazione delle cose celesti, giacché solo le si appresentano le forme delle cose sensibili. Arde di vedere le invisibili e non può. Che farà dunque? Quel che può meglio. Poiché ancora vedere non può con la pura intelligenza, s'accomoderà a vedere con la imaginazione. Però Rachele fa congiungere la sua serva Bala a Giacobbe e n'ha così i primi figli».
Segue così la generazione dei vari affetti e pensieri dell'animo finché si giunge a questo passo: «E finalmente è conceduta la grazia della contemplazione: Beniamino; ma non appena nasce cotesto ultimo figlio muore Rachele; né siavi chi creda potersi alla contemplazione elevare se Rachele non muore».
Beniamino rappresenta secondo Riccardo: «L'atto dell'intelligenza pura, l'intuizione delle cose che non cadono sotto i sensi e che sono senza mistura d'imaginativa. Una mente che arde di questo desiderio e spera, sappia che ha già concepito Beniamino; e quanto più cresce il suo desiderio più si approssima al parto. Beniamino nasce e Rachele muore: imperocché come la mente è rapita sopra se stessa, si sorpassano i limiti di ogni umana argomentazione, e non appena vede, in estasi, il lume divino, la umana ragione soccombe. Questo è il morir di Rachele dando vita a Beniamino. Non era forse nell'Apostolo (San Paolo) morta Rachele e mancante ogni senso d'umana ragione, quando diceva: "Scio hominem, sive in corpore, sive extra corpus, nescio, Deus scit, raptum hujusmodi usque ad tertium coelum?
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