Certo quando scorriamo tutta questa poesia che risuona intorno all'Imperatore eretico, non troviamo che raramente accenti di verità, accenti di passionalità vivi, di quelli che ci aspetteremmo tanto più in quanto la poesie sorgono in gran parte dal caldo ed espressivo popolo siciliano. Non v'è dubbio che questa poesia è legata entro un convenzionalismo. Convenzionalismo che secondo il d'Ancona sarebbe meramente letterario, secondo il Rossetti e secondo me è settario. Gli atteggiamenti di Federico II verso gli eretici furono, come è noto, assai mutevoli: li perseguitò e duramente, quando fu costretto a questo dai suoi patteggiamenti con la Chiesa, ma la Chiesa e la fama lo accusarono di eresia e di accordi con gli eretici.
L'ipotesi che alla corte di Federico II si sia a un certo punto trapiantata per influenza più o meno diretta della tradizione provenzale e dell'Oriente una setta segreta che parlava d'amore in versi secondo un convenzionalismo segreto, spiega innumerevoli cose. Spiega cioè:
1. Il fatto che quasi tutti coloro che stanno intorno all'Imperatore cominciano tutt'a un tratto a parlare d'amore in versi e che colui che conduce, si può dire, la schiera di questi poeti, il cancelliere Pier delle Vigne, è proprio colui che conduce contemporaneamente la terribile campagna contro la Chiesa, proprio colui che a un certo punto l'Imperatore ghibellinissimo pensa addirittura di contrapporre, «Pietro contro Pietra», come autorità e come potere intellettuale, e sotto un certo rapporto spirituale, alla Chiesa corrotta, colui che finisce poi vittima, si noti bene, di quella «Morte» che è la Chiesa di Roma, come evidentemente traspare dalle parole di Dante, quantunque essa venga a confondersi apparentemente con l'invidia.
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