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      E le poesie del Convivio sono o non sono scritte in questo gergo?
      Ma qui io, che conosco l'ingenuità della critica «positiva», sento già farmi questa obiezione: ma non vedete che qui, dove il gergo esiste, Dante lo spiega? Evidentemente dunque, dove Dante non lo spiega, non esiste. Proprio ragionando in questo modo la critica «positiva» ha compiuto il miracolo di non capir nulla in tutta questa poesia dopo sei secoli di studio!
      Chiunque non sia un critico «positivo» intende subito che, finché Dante parlava di Filosofia, cosa che non dava fastidio a nessuno, che non provocava la Chiesa, che non entrava nel campo della religione, e finché perseguiva realmente una Sapienza più o meno razionalistica, egli poteva perfettamente svelare il suo gergo.
      Non altrimenti Dino Compagni quando presentò la sua misteriosa donna in forma nettamente filosofica come «l'amorosa Madonnna Intelligenza» poté parlare con un così aperto simbolismo da non lasciar nessun dubbio su quello che voleva intendere.
      La necessità del segreto, la necessità di non svelare il gergo e di lasciar credere che si trattasse di donna vera sorgeva non per il linguaggio erotico-filosofico, ma per il linguaggio erotico-mistico, perché lì si parlava di argomenti che potevano direttamente portare al rogo.
      Pertanto è perfettamente naturale che in un'opera filosofica e razionalista come il Convivio il gergo erotico-filosofico fosse chiarito e rivelato, mentre è altrettanto naturale che in un'opera mistica come la Vita Nuova il gergo erotico-mistico non fosse rivelato e si lasciassero la «gente grossa» e gl'inquisitori a credere che si parlava di una donna vera, ed è naturalissimo che uno zelante «Fedele d'Amore» appiccicasse a questa donna, sia pure dopo ottant'anni dalla morte di lei, un cognome, a confusione e dannazione di tutta la critica «positiva» che doveva venir dopo.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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