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      Ciò non deve sorprendere. In qualunque gergo gli oggetti dei quali più spesso e con più insistenza si parla hanno molte designazioni convenzionali.
      Basta pensare come riprova, agli infiniti termini con i quali nel gergo furbesco della malavita (mi si perdoni il confronto) vengono designati il coltello o il furto, o alle innumerevoli forme con le quali nel gergo osceno vengono designate le cose delle quali gli osceni parlano più spesso.
      È appunto la necessità di ripetere più volte una stessa idea, quella che obbliga a variarne le espressioni. Non ci deve dunque sorprendere se troveremo che la Sapienza mistica oltreché Madonna, oltreché Beatrice o Lagia, ecc., sarà chiamata Rosa, Fiore, Stella, ecc. Non ci deve sorprendere ugualmente se il suo contrario, la sua nemica, la «nemica d'amore», la Chiesa corrotta, sia chiamata tanto Morte quanto Gelosia e Pietra. È questo un mezzo per dare al discorso varietà e verosimiglianza.
      Ugualmente non ci deve sorprendere se alcune parole come «Amore», «Madonna», «Morte», ci appaiono polisense. Il senso segreto della parola «Amore» per esempio, è duplice, ma l'un senso è un facile traslato dell'altro. Esso significa «Amor Sapientiae», sentimento dell'innamorato e significa per metafora «la Stella dei Fedeli d'Amore», l'autorità che domina su di essi, il patto iniziatico che lega tra loro gli adepti. E l'Amore in questo secondo senso è quell'Amore così spesso monotonamente, convenzionalmente, gelidamente personificato, col quale tutti questi innamorati parlano e discutono di continuo come fosse persona viva.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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