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      Alcuni di loro che si sono ribellati ad Amore, cioè alla setta (es. Onesto Bolognese e Bacciarone), continuano a fare un'attiva propaganda in versi tra i «Fedeli d'Amore» perché «si guardino di lui servire». Le polemiche che sorgono in questi casi, che sembrano così insulse e vuote, sono piene di passione e di significazione. Guido Cavalcanti scrive a tutti gli amanti dicendo che «non si partano da Amore, ma fermino il desire in quanto che Amore vuole apportare», minacciando che in caso contrario devono «mal finire» e lo scrive proprio come il capo di una setta che, in un momento in cui si teme la dispersione, minacci ai dissidenti, ai transfughi, agli indisciplinati le rappresaglie della setta.
      Tutti questi poeti parlano sempre di questo Amore che comanda questo e quello, che dirige l'innamorato come un padrone e signore. Amore imponeva tra l'altro di scrivere in versi. Doveva esserci una specie di obbligo fatto agli adepti di comunicare con un sonetto agli altri «Fedeli d'Amore» il proprio ingresso nella setta o il proprio passaggio ad altro grado e di rispondere ai sonetti di questo genere e così pure doveva esservi l'obbligo di farsi ogni tanto presenti ad Amore, cioè alla setta, con l'invio di versi, così che Cino per esempio sente il bisogno di fare delle formali scuse perché è stato molto tempo senza parlare (in rima) per paura.
      Canzon, io so, che ti dirà la gente:
      perché quest'uom fu da timor sì giunto,
      ch'e' non parlava punto?
      Dov'era il suo parlar d'amore allora?(205)
      Con questa molto probabile ipotesi noi possiamo venire a scusare in certo modo un'enorme quantità di sonetti brutti, freddi e convenzionali lasciatici da questi dicitori per rima, i quali tante volte hanno proprio l'aria di scrivere perché sono obbligati a ripetere certe poche formule divenute stucchevoli e insulse, a base di queste poche idee, che non hanno mai una determinazione un po' nuova, un'immagine veramente ispirata: «Io son soggetto completamente ad Amore», «Io sono servo fedele di Madonna», «Io soffro tanto per amor di Madonna» e simili, che dovevano servire unicamente a tenere il contatto con la setta.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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