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      o di ben guastatrice,
      dinanzi a cui porrò di te lamento?
      Altrui non sento ch'al divin fattore,
      perché tu, d'ogni età divoratrice,
      se' fatta imperatrice,
      che non temi né foco, acqua né vento,(219)
      non ci vale argomento al tuo valore:
      tuttor ti piace eleggere il miglioree 'l più degno d'onore.
      Morte, sempre dai miseri chiamata,
      e da' ricchi(220) schifata come viletroppo se 'n tua potenza signorile,
      non provvedenza umile,(221)
      quando ci togli un uom fresco e giulivo,
      o ultimo accidente destruttivo.
      O morte nata di mercé contrara,
      o passione amara,
      sottil ti credo porre mia questionecontra falsa ragion de la tu' ovra;
      perché tu fatta nel mondo vicaraci vien senza ripara
      nel die giudicio avrai quel guiderdoneche a la stagione converrà ch'io scovra.
      Oi, com'avrai in te la legge povra!
      Ben sai chi morte adovrasimil deve ricever per giustizia,
      poi tua malizia sarà refrenataed a orribile morte giudicata;
      come se' costumatain farla sostenere ai corpi umani,
      per mia vendetta ivi porrò le mani.
      Alcuni attributi come «di ben matrigna e albergo di male» non convengono affatto alla morte vera, ma stanno a pennello alla Chiesa corrotta, come l'altro «madre di vanitate», come l'annunzio che la sua «possanza fia finita» quando il Signor superno darà contro di lei una «crudele sentenza» ed essa finirà nel «foco sempiterno». Particolarmente interessante la frase: «nemica di canto» (la Chiesa era la nemica dei poeti «Fedeli d'Amore») e l'allusione al fatto che essa perseguita proprio l'uomo quando «prende diletto di sua novella sposa», cioè la Chiesa perseguita l'adepto quando esso si congiunge con la Sapienza santa e non lascia vivere i «Fedeli d'Amore» (che nella realtà la morte perseguiti proprio di regola chi prende moglie non si comprende).


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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