Chi ne vole aver ferma certanzariguardi me se sa legger d'amore
ch'i' porto morte scritta nella faccia(226).
In questo senso Dante (?) dice della sua anima:
Però mi mise nel morto colorel'alma dolente(227).
Nello stesso senso Cino scrive:
E gli atti e gli sembianti ch'io foeson come d'un che in gravitate more(228).
Altrove Cino scrive:
E porto dentro agli occhi un cor ferutoche quasi morto si dimostra altrui(229).
Cavalcanti dice ancora:
Guardi ciascuno e miriche morte m'è nel viso già salita(230).
Li vedete voi passeggiare per le vie e per le piazze d'Italia in mezzo a tanto fervore di opere, di lotte, questi giovani ferventi, tutti veramente con la faccia di morti perché sono innamorati? No, con la faccia di morti no, ma con la faccia di normali credenti che vanno in Chiesa, s'inchinano all'autorità ecclesiastica (che nel cuore non riconoscono, odiano e disprezzano), che conoscono benissimo gli articoli della fede e sanno all'occasione ripeterli(231). Così essi portano morte scritta nella faccia, ma dentro hanno la vita cioè l'amore per la Sapienza santa, la Rivelazione immediata e diretta che vivifica le loro anime e li guida alla salute.
Dice Cino(232).
Parliam sovente, non sappiendo a cui,
a guisa di dolenti a morir messiLa morte la portano scritta nella faccia, ma la odiano e sanno cantare segretamente il loro odio, come lo sapeva cantare l'autore della canzone: O morte della vita privatrice. Cino scrive:
A finir mia gravezzafo con la morte volentier battaglia(233).
Il Cavalcanti ha una graziosissima maniera di dire a un certo punto che egli non può dire la verità intorno alla Sapienza santa senza fingersi fedele alla «morte» (Chiesa) perché la setta (Amore) non lo può sufficientemente difendere.
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