Amor non t'assicurain guisa, che tu possa di leggero
a la tua donna si contar il vero,
che morte non ti ponga in sua figura(234).
Cino riaffermando come tante volte ha fatto, la sua fedeltà alla setta (spesso messa in dubbio), scrive di Amore:
Io li son tanto suggetto e fedele,
Che morte ancor da lui non mi diparte(235).
E questo quantunque tante volte abbia confessato (e la confessavano tutti) la grande paura che aveva della morte.
La mia natura combatte e dividemorte, ch'io veggio la 'unque mi giro(236).
E scrive altrove parlando della continua minaccia della Chiesa:
Senza tormento di sospir non vissi,
né senza veder morte un'ora stando(237).
Evidentemente chiunque ama è minacciato dalla morte. L'antitesi amore-setta contro morte-Chiesa riappare a ogni passo, ma essa è velata, è confusa per l'esistenza di quel primo importantissimo significato della parola morte che è completamente diverso da questo: morte come mistica morte.
Un buonissimo esempio dell'uso nella stessa strofa dei due significati opposti della parola «morte» si ha in Guido Guinizelli. Si osservi che nel primo verso il poeta dice di sembrare vivo, nell'ultimo dice perfettamente l'opposto cioè di sembrare morto. Nella prima parte egli dice che quantunque egli sembri vivo (come gli altri) dentro ha una ascosa morte (mistica); nella seconda parte dice che quantunque dentro sia (misticamente) vivo, egli porta invece la morte scritta nella faccia cioè di fuori sembra (misticamente) morto, perché sembra ossequente alla Chiesa.
Che sembro vivo e morto vo nascoso;
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