Ascosa morte porto a mia possanza
. . . . . . . . . . . .
E chi ne vole aver ferma certanzariguardi me se sa legger d'amore,
ch'i' porto morte scritta nella faccia(238).
«Vita». Per quanto è detto sopra, la parola vita opposta al primo significato segreto di morte-errore e in particolare errore della Chiesa di Roma, significa verità e propriamente verità della setta. Chi entra in essa giunge alla vera vita. Chi ne sta fuori è morto, secondo la formula comune a tutte le forme di misticismo iniziatico e a qualunque soteriologia.
Chi entra nella setta entra nella vera vita, abbandona la vita vecchia e inizia una vita nova.
È istruttivo un passo di Cino da Pistoia nel quale questa parola vita è usata in modo che, intesa nel senso letterale, riesce contraria al senso comune. Cino ha voluto dire che ogni animale (uomo) può giungere alla vera vita, ma non vi può essere condotto se non da un adepto, cioè da un uomo di pregio e valoroso che lo inizi, e che il nuovo adepto, se non persevera nella virtù ricade nell'errore (morte) e viene tolto dalla vista dell'eterna Sapienza, cioè dell'eterna verità. Ma si osservino le assurdità del senso letterale:
Naturalmente ogni animale ha vitae d'altro non l'acquista
se non da uom che pregio e valor segua,
lo qual, se con virtude non s'aita,
da vera eterna vistamorte come non fosse lo dilegua(239).
Il poeta che pensava «vera vita» diceva una cosa seria che cioè alla vera vita si giunge per iniziazione, ma il «vera» gli restò nel pensiero tra il gioco del gergo e disse nel senso letterale una sciocchezza, cioè che uno non acquista vita altro che da uomo che segua pregio e valore, mentre la vita nel senso ordinario si può acquistare benissimo da uomo spregevole e vile.
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