Leggete l'Intelligenza di Dino Compagni:
In una ricca e nobile fortezza,
istà «la fior» d'ogni bieltà sovrana;
in un palazzo ch'è di gran bellezza,
fu lavorato alla guis 'indiana...(266)
ed è naturalmente l'amorosa Madonna Intelligenza. E poiché essa è l'amorosa Madonna Intelligenza, cioè la Sapienza santa ed essa vive tra gli uomini per opera della fontana d'insegnamento, per la fonte della quale dirò in seguito, quel castello è naturalmente «intorneato da ricca fiumana». Ma questo «Fiore» che è la Sapienza santa, è amato per il frutto che deve dare (e che non si capisce quale dovrebbe essere se si trattasse di una donna amata platonicamente). Guido Orlandi dice:
Dunque sol siete quellain cui l'amor si vesta
e flore in fronda crescieche bon frutto conserva(267).
E Cecco d'Ascoli scrive a Cino da Pistoia per incitarlo a rimaner fedele alla setta:
Hor non lasciate 'l fior che fructo move.
Ora questo frutto che si attende dalla verità santa e dalla setta che la coltiva è precisamente il rinnovamento felice dell'umanità. Ecco perché Buonagiunta scriveva:
Se fior non fosse fructo non seria.
La setta (il Fiore) doveva dare il rinnovamento del mondo (il frutto). E questo «frutto» si aspettava da Madonna, perché il Fiore era appunto Madonna. A proposito della parola «fiore» usata nella corrispondenza tra Cino da Pistoia e Cecco d'Ascoli, è utile ricordare questa corrispondenza più diffusamente.
Cino, invocando Cecco d'Ascoli in nome della donna sua (che era la loro donna comune), e fingendo di appellarsi alla sua astrologia, gioca sul nome di «Fior» dato a Firenze e intanto chiama apertamente «pietra» Roma.
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