Eppure è chiarissimo. La divina Sapienza della setta è oscurata, non può risplendere nel mondo, non fa che piangere, è cioè costretta a simulare ed è perciò appunto coperta di un manto negro. E questo manto negro della donna che piange ritorna, sempre misteriosamente, in molti punti. Cecco d'Ascoli, proprio come Cino, scriveva:
Sì ch'io ridendo vivo lagrimando,
come fenice nella morte canto.
Ahimè! sì m'ha condotto il negro manto!
Dolce è la morte, po' ch'io moro amandola bella vista coverta dal velo,
che per mia pena la produsse il cielo(283).
Qui il negro manto invece di stare addosso alla donna sta addosso all'adepto il quale piange, simula, ma il pensiero è lo stesso e l'uomo piange e muore per la donna che è velata.
E questa donna sotto il negro manto, questa che Cino chiama «l'oscura», la ritroveremo un giorno, più tardi, nell'Amorosa Visione di uno dei più grandi «Fedeli d'Amore», di Giovanni Boccaccio, la ritroveremo in una misteriosa fontana ove sono quattro e tre donne, le virtù cardinali e le teologali, e troveremo questo stranissimo fatto: che quella che rappresenta indiscutibilmente la Fede è nera e versa due fontane dagli occhi: è la Fede, la vera Fede che non può manifestarsi, è la Fede oscura e che piange, la Fede di Cino, la Fede di Cecco d'Ascoli, la Fede dissimulata di tutti questi «Fedeli d'Amore».
Il significato segreto di questa parola «piangere», ci spiega finalmente quella strana e tanto discussa controversia tra Guido Cavalcanti e Guido Orlandi, così sciocca nel senso letterale, della quale ci ha riportato il testo il Codice Vaticano 3214. Guido Cavalcanti nella ballata: Poi che di doglia cor convien ch'i' porti aveva scritto che avrebbe fatto «di pietà pianger amore».
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