dell'omo ch'ama e non si trova amato.
Io per lung'uso disusai lo primoamor carnale: non tangio nel limo(288).
«Saluto», «Salute». Si trovano usate le due parole promiscuamente l'una per l'altra. L'amante si compiace del «saluto» o della «salute» che la sua donna gli porge, e l'effetto di esso è tale quale non pare che il saluto abbia avuto mai fuorché per questi amanti del dolce stil novo. Legittimo il sospetto che si tratti di convenzione.
Se si pensi che in questo «saluto» sia adombrato un atto rituale (del quale non è facile per ora determinare i particolari)(289), col quale l'adepto venga messo con una speciale commozione in contatto con un'immagine o con delle parole della Sapienza santa, si comprenderanno molte cose che in altro modo restano incomprensibili.
Si noti che quasi tutti i poeti del dolce stil novo parlano di questo saluto e dei suoi effetti mirifici. Inutile ricordare l'effetto che descrive Dante del saluto di Beatrice, il quale commuove, secondo egli dice, non lui solo, ma tutti.
e cui saluta fa tremar lo core,
si che, bassando il viso, tutto smore,
e d'ogni suo difetto allor sospira(290).
Anche Gianni Alfani parla di questo saluto, compiacendosi di averlo ricevuto:
Una donnache con gli occhi mi tolse
il cor, quando si volseper salutarmi e non mel rende mai.
. . . . . . . . . . . . . . .
e veggiovi con leiil bel saluto che mi fece allora(291).
Cino ricorda alla donna:
il giorno che da priagli donaste il saluto
che dar sapete a chi vi face onore.
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Sapienza Dante Beatrice Gianni Alfani
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