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      Essa è infatti quella Roma alla quale Pietro di Dante faceva dire:
      Io sono il capo mozzo dallo 'mbusto(317).
      Ma sulle canzoni per la donna Pietra ci tratterremo più avanti. Qui basti ricordare che, se quel sonetto non è di Dante, non è stato Dante solo a parlare di questo misterioso personaggio, ma che anche altri lo hanno conosciuto e odiato come Dante lo odiava.
      Anche il sonetto di Cino da Pistoia: Io fui sull'alto e sul beato monte, ove egli dice d'aver pianto sulla «pietra» che chiudeva la sua donna, per quanto sia uno dei più riusciti sonetti del dolce stil novo (cioè dei più commossi e dei più logici e coerenti nel senso esterno), si spiega perfettamente tutto come il lamento di un fedele che piange sulla Chiesa la quale contiene, ma nasconde come morta la Sapienza santa da lui amata.
      Per analogia si dice «pietra» chi segue la «pietra» ed è quindi impietrato. Il Cavalcanti dice di aver aspetto di «pietra».
      Io vo come colui ch'è fuor di vita,
      che pare, a chi lo sguarda, c'omo siafatto di rame o di pietra o di legno.(318)
      E quegli uomini fatti di pietra da quella «Pietra di fuor che dentro pietra face», cioè i seguaci della Chiesa, sono appunto quelle tali «pietre» che in un verso di Dante, ridicolissimo nel senso letterale e tragico nel senso profondo gridano contro di lui: Mora! Mora!
      Le pietre par che gridin: Mora! Mora!
      Sono i nemici della setta (pietre impietrate dalla pietra) che gridano contro Dante, il «Fedele d'Amore».
      Un mottetto oscuro di Francesco da Barberino ci illumina del resto con perfetta chiarezza sul significato di questa pietra.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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