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      Esso suona:
      Caro impetra amor di petrachi so petra petre impetra.
      E poiché quel petre è evidentemente un vocativo di Petrus, il mottetto suona chiaramente che chi impetra «O Pietro», cioè chi volge le sue preghiere, i suoi voti e la sua fede al Papa impetra l'amore di una pietra.
      E poiché quel «caro» ad onta degli artifici che vi ricama sopra il Barberino nella nota è difficile possa essere interpretato altrimenti che «a caro prezzo», il senso vero del mottetto è: «Chi sotto la Pietra (la Chiesa) invoca “O Pietro”, invoca a caro prezzo (a suo danno) l'amore di una pietra (che amore non ha)».
      Ma la parola pietra torna ancora assai stranamente nel De Vulgari Eloquentia di Dante. Ivi si trova come uno stranissimo e incomprensibile segno, questa buffa frase: «Petramala civitas amplissima est, et patria maiori parti filiorum Adam». Il poeta continua spiegando di aver voluto intendere che ognuno crede che il proprio borgo sia una città grandissima e il proprio volgare la lingua che fu parlata da Adamo, ma è certo molto strano che non solo quegli attributi dati a Pietramala si riferiscano perfettamente a Roma (madre spirituale della maggior parte dei figli di Adamo traviati), ma che si senta perfettamente in questo discorso un segreto riferimento al fatto che quei di Pietramala ritengano che il loro volgare sia la lingua prima dell'umanità (come quelli di Roma ritengono che la fede di Roma sia veramente l'originaria fede di Cristo)!(319)
      «Selvaggio», «Villano». È l'uomo che segue la Chiesa di Roma.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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