(332)
Ser Ventura Monaci scrive:
ond'io son fatto ferache lei fuggendo di vergogna suda,(333)
dove la parola «vergogna» applicata a una fera suona per lo meno molto strana, e invece suona comprensibilissima se il poeta voglia dire che per paura o per prudenza si tiene lontano dalle riunioni della setta.
«Natura». È la debolezza dell'adepto per la quale è concesso e stabilito ch'egli possa dissimulare il suo amore alla Sapienza santa e parlare velatamente.
Guido Guinizelli mostra il vero senso della parola scrivendo a Buonagiunta quel sonetto (che nel senso letterale è stranissimo e confuso, ma che ora diventa limpidissimo): «Omo ch'è saggio non corre leggero» già spiegato sopra.
Ivi è detto che l'uomo saggio «ritiene suo pensiero» perché dee guardar suo stato e sua natura» e conclude:
Volan per aire augelli di strane guise,
né tutti d'un volar, né d'uno ardire;
et hanno in sé diversi operamenti;
Dio in ciascun grado natura mise,
e fe' dispari senni e intendimenti:
e però ciò che om pensa, non de dire.(334)
In questo sonetto non solo, come vedremo, si dà ragione del perché si son dovute mutare le maniere «de li piacenti detti dell'amore» (perché bisogna esser cauti nel parlare delle proprie cose), ma si spiega che una tale cautela è dovuta alla natura dei diversi augelli (adepti) tra i quali ve ne sono di quelli che sono di natura debole e non potrebbero quindi affrontare la lotta aperta.
Cino da Pistoia quando vuole descrivere lo stato d'incertezza della sua anima perché ha paura della Morte (cioè della Chiesa corrotta), scrive:
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