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      Donna, Dio mi dirà: che presumesti?
      stando l'anima mia a lui davante:
      lo ciel passasti 'nfin a me venisti,
      et desti in vano amor me per sembiante.
      Ch'a me convien le laudee alla reina dil reame degno,
      per cui cessa ogni fraude.
      Dir li potrò, tenne d'angel sembianza,
      che fosse del tuo regno,
      non mi fu fallo, s'eo le posi amanza(354).
      2. La canzone di Guido Cavalcanti: «Donna mi prega»
      A questa facciamo seguire l'altra poesia fondamentale del dolce stil novo, la terribile canzone di Guido Cavalcanti: Donna mi prega perch'io voglio dire, e vedremo che tutto quanto essa dice dell'amore non solo è spiegabile con l'ipotesi da me presentata, ma soltanto con quell'ipotesi diventa veramente chiara e profondissima e fa cadere quei veli complicatissimi, i quali avevano tormentato il cervello di coloro che credevano si potesse intendere come una canzone che davvero trattasse dell'amore per una donna.
      Il primo verso serviva mirabilmente a prendere in giro gl'ingenui. Guido Cavalcanti scriveva che cosa sia l'amore dietro invito d'una «donna». E il lettore ingenuo doveva subito pensare a una galante cortesia. Sennonché sappiamo chiaramente dalla testimonianza dei codici che la «donna» che aveva pregato il Cavalcanti di dire dell'amore era un uomo: Guido Orlandi; era una «donna» nel senso convenzionale di «adepto», e l'ingenuità dei critici realisti deve essere davvero molto grande se essi continuano a credere ancora oggi che a una donna vera di carne e d'ossa il Cavalcanti avrebbe potuto giocare il bruttissimo tiro di dirle che cosa sia l'amore in una maniera così artificiosamente impasticciata e terminando, quasi per colmo d'ironia, dicendo d'aver adornata la canzone in modo che «chi ha intendimento» la loderà, ma essa non ha nessun talento di stare con gli altri.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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