In quella parte dove sta memoraprende suo stato, sì formato come
diaffan da lume, - d'una scuritatela qual da Marte vene e fa dimora.
Elli è creato ed à sensato nome,
d'alma costume - e di cor volontate.
Ven da veduta forma che s'intendeche prende - nel possibile intelletto
come 'n subietto - loco e dimoranza.
In quella parte mai non à pesanzaperché da qualitate non descende:
resplende - in sé perpetuale effetto;
non à diletto - ma consideranza;
sì che non pote là gir simiglianza.
Stanza terza.
L'amore (essendo pura considerazione della Sapienza santa) non è una delle virtù morali (non è vertude), ma deriva direttamente dalla perfezione (che è intellettuale, razionale, virtù dianoetica). Dico questo perché generalmente si chiama virtù (si pone tale) quella che è virtù morale e non razionale legata alla parte sensibile dello spirito (che sente). Ma il credere (giudicare) che la volontà morale (l'«intenzione» che è nelle virtù morali) possa valere quanto la ragione (che è pura contemplazione), è uno degli errori che mantengono gli uomini lontani dalla vera salute (fuor di salute).
Vero è però che un rapporto tra l'amore della Sapienza e le virtù morali esiste, perché chi manca di virtù morali (cui è vizio amico) non può arrivare alla vera contemplazione (discerne male). (Si ricordi che Amore non ha luogo, secondo il Guinizelli, se non nel cuore gentile o puro).
Quando la virtù dell'amore (che mira alla vera Sapienza) è impedita, ne consegue spesso la Morte (errore intellettuale della Chiesa corrotta), la quale Morte (Chiesa) aiuta chi va per la via contraria alla vera Sapienza.
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