Ne consegue «morte» non già nel senso che l'amore (della Sapienza santa) sia opposto alla morte naturale; ma perché quando lo spirito è torto dalla Verità non si può dire che esso abbia (vera) vita in quanto non è assoggettato alla legittima (stabilita) signoria (della Sapienza santa). E ugualmente cade nella morte (errore) chi dalla Sapienza santa si distacca (l'oblia).
Non è vertute, ma da quella venech'è perfezione, che si pone tale
non razionale – ma che sente dico.
For di salute giudicar mantene,
ché la 'ntenzione per ragion vale.
Discerne male - in cui è vizio amico.
Di sua potenza segue spesso mortese forte - la vertù fosse impedita,
la quale aita - la contraria via,
non perché oppost'a naturale sia;
ma quanto che da buon perfetto tort'è
per sorte - non po' dire om c'aggia vitache stabilita - non à segnoria:
a simel po' valer quand'om l'oblia.
Stanza quarta.
L'esser vero, il vero compimento dell'amore si ha quando la volontà (della Sapienza) è così forte che supera il grado naturale (oltre misura di natura torna) e fa trasumanare. In questo desiderio esso non è immobilità (non si adorna di riposo), ma si muove cambiando colore riso e pianto, cioè i suoi aspetti dinanzi alle genti, e con paura (della Chiesa) storna la sua figura (cioè dissimula il proprio aspetto). Poco soggiorna (nelle stesse formule). Esso si trova generalmente tra gente di valore (gli adepti).
La nuova qualità (dell'adepto) suscita in lui nuove speranze (move sospiri) ed esige che l'uomo sia rivolto fedelmente a un luogo non fermato (non designato - la setta). Altrimenti diviene oggetto d'ira (da parte degli adepti). Poiché l'amore è un'esperienza mistica, non lo può immaginare chi non lo prova.
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