Ne l'amoroso affanno son tornatoed òmmi miso amore a sostenere: (379)
la più dolce fatica, al mi' parere,
che sostenesse mai null'omo nato.
Chè 'n quello loco, ove m'à servo dato,
dimoro sì con tutto il mi' volere,
che segnoria non è né nul piacerech'i' più volesse né mi fosse 'n grato.
Che giovane bieltade e cortesia,
saver compiuto con perfetto onoretuttor si trova in quella, cui disio.
Più non ne dico; che teme 'l cor mio,
se più contasse di su' gran valore,
ciascun saprebbe; quegli in tal disia.(380)
Cino da Pistoia, essendo lontano, domanda notizie della setta che è sempre più nascosta nei pericoli dei tempi avversi e chiede quale raggio di speranza si ha che le sue condizioni migliorino. In questo sonetto appare chiaramente che egli domanda speranza di tempi migliori a un adepto nel momento in cui gli domanda notizie della «beltà che per dolor si chiude» che è qualificata come donna in apparenza. Il pensiero della (finta) donna scivola inavvedutamente nella preoccupazione politica o religiosa.
Novelle non di veritate ignudequant'esser può lontane sien da gioco,
disìo saver, sì ch'io non trovo loco,
de la beltà che per dolor si chiude.
A ciò, ti prego, metti ogni virtute,
pensando ch'entrerei per te 'n un fuoco;
ma svarïato t'ha forse non pocola nuova usanza de le genti crude;
sicché, ahi me lasso! il tuo pensier non volte;
però m'oblii; ché memoria non perde,
se non quel che non guarda spesse volte:
ma, se del tutto ancor non si disperde,
mandami a dir, mercé ti chiamo molte,
come si dee mutar lo scuro in verde.
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Pistoia
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