S'avessi detto, amico, di Maria,
di grazia plena e pia,
rosa vermiglia se' piantata in orto;
avresti scritta dritta simiglìa.
È veritas e via,
fu del nostro Signor magione e porto.
E di nostra salute quella diache prese sua contia,
l'angelo le porse il suo conforto.
E cierto son chì ver lei s'umilia,
e sua colpa grandia,
che sano e salvo il fa, vivo di morto.
Ahi, qual conforto ti darò, che ploricon deo li tuoi fallori
e non l'altrui; le tue parti diclinae prendine doctrina
dal publican che dolse i suo' dolori.
Li Fra' Minori sanno la divinaiscrittura latina
e de la fede son difenditorili bon predicatori;
lor predicanza è nostra medicina.(388)
Sono particolarmente interessanti alcune poesie nelle quali Onesto Bolognese, ribelle evidentemente alla setta e divenuto suo dispregiatore dopo avere avuto in essa un «alto luogo», scrive contro Amore, contro la sua vanità, incitando i «Fedeli d'Amore» ad abbandonare la setta. Nel sonetto che qui si ricorda, Poi non mi punge più d'amor l'ortica, l'iroso poeta scivola a un certo punto in un nonsenso che tradisce palesemente il significato segreto. Dopo aver parlato della propria donna al singolare, eccitando Cino ad abbandonare l'amore, si tradisce e dice:
provedi al negro che ciascun tuo paroa lei ed a amor fatta ha la fica.
Ora è evidente che qui Onesto eccita Cino ad abbandonare non la donna sua, di Cino, come sarebbe naturale, ma la propria donna, quella stessa di Onesto Bolognese, che al dir suo già tutte le altre persone per bene, «ciascun tuo paro», avevano abbandonato con dispregio, e con ciò tradisce in modo addirittura ridicolo il fatto che questa donna era una sola: la setta.
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