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      Ora dico, chi 'l segue com'ei conciache disconciando loro e il loro elloro
      gridanne, punto non ne fan mormoroma si rallegran, com'oro acquistasse.
      Parmi di tai son lor le vertù casse;
      non più che vista han d'uomo razionale,
      poi prenden gioia, e del lor cantan male,
      e danno laude a chi tanto li sconcia,
      cioè Amor, che non stanchi si venodi coronarlo imperò d'ogni bene,
      e senza lui non mai nullo pervene,
      dicono, a cosa possa avere onore,
      onde cotal discende loro erroredi lassarsi infrenar di sì reo freno.
      Non venonsi gechiti di laudareil folle e vano amor, d'ogni ben nudo,
      li matti, che si covren del suo scudo,
      il qual manco è, che di ragnolo tela;
      e ché li porta isportando a velamettonsi a mar, creden' giungere a porto;
      e poi che nel pereggio gli ave accortoalma fa, corpo, aver, tutto affondare:
      d'ogni dunque reo male è fondamento.
      Poi tutto tolle bono, e 'l contrar porge,
      come la gente non di lui s'accorgea prender guardia de' suo' inganni felli,
      che a Dio li fa ed al mondo ribelli?
      Meraviglia grand'è com'non è spento.
      Tai laudator lor pon far piacer reodi donar pregio a cotale amore,
      che tutto trappa bene, e dà dolore.
      Non già me coglieranno a quella setta;
      alcuna fiata fui 'n sua distretta,
      non sì disposto che m'avesse acchiuso,
      ch'eo non potesse giù gire e suso;
      né suo serv'era, né signor ben meo(397).
      Onde m'accorsi del doglioso passo,
      ove m'avea condutto, e conducia,
      che parenti e amici avea in obbria,
      e quasi Dio venìa dimenticando;
      per che nel tutto gli aggio dato bando,
      non più dimorovi, né prendo stasso.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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