Francesco da Barberino è contemporaneo di Dante. Nato nel 1264 muore nel 1348. Egli pure è poeta d'amore, egli pure è ardente fautore di Arrigo VII, presso il quale si reca a capo di un gruppo d'armati. Egli pure scrive poesie d'amore che devono essere intese soltanto da alcuni, anzi dice grossolanamente che le scrive «per certi suoi amici gentili uomini di Toscana»(402). Egli pure si reca a un certo punto in Provenza per molte misteriose ragioni. Egli pure scrive prima un'opera in versi e poi, dopo qualche tempo, le aggiunge un commento che serve meravigliosamente a prendere in giro i seguaci di «Pietra» e nello stesso tempo a far intendere anche meglio ai «Fedeli d'Amore» una quantità d'idee settarie esposte talora in una maniera fin troppo ingenua. Ma il libro non era destinato a circolare troppo liberamente. Alla sua fine esso porta miniato un guerriero con una spada in mano e dalla cui bocca esce questa leggenda:
Io son vigor e guardo sel venissealchun chel livro avrisse
e se non fosse cotal chente e dettodregli di questa spada per lo petto.
Non so come si possa dire più chiaramente che il libro è scritto soltanto per iniziati.
Questi «Documenti» o «Insegnamenti» d'Amore hanno del resto poco o nulla a che vedere con l'amore per la donna: essi riguardano tutta la formazione spirituale dell'uomo secondo un modello etico nel quale è facilissimo riconoscere il modello proprio di una vita settaria diffidentissima della Chiesa (la «Morte» rappresentata, come sempre, nemica di Amore). Questo libro all'Amore (raffigurato in una fantastica forma) dà l'ufficio di ridestare dodici virtù abbastanza stranamente assortite, che dormono.
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