Sotto ancora dodici servi d'amore, che hanno aspetto di uomini gravi, sono immersi nello studio che con l'amore non avrebbe nulla a che vedere a meno che non sia (come certo è), amor sapientiae. Il poeta ha disegnato egli stesso la figura. Egli comincia col raccontare come la «Somma vertù del nostro Sir Amore» abbia chiamato i suoi servi alla «sua maggior rocca» e come egli si sia là recato «da quella parte ch'ai suoi minor tocca» e come egli abbia ricevuto da Amore (dalla setta) tutti i documenti (insegnamenti) contenuti in questo libro, per il che egli manda il libro a tutti quelli che «amano che Amore sia grande» (Proemio).
Tutto il libro si svolge, attraverso le sue infinite complicazioni, in una così evidente aria di misteri, di sottintesi, di rinvii, di simbolismi, che io mi domando come mai vi possa essere stato un solo lettore che non abbia capito subito che questo è un libro d'amore settario. Se ne accorse naturalmente il Rossetti (quantunque a tempo suo il commento preziosissimo e le illustrazioni fossero ancora sconosciuti) e si affisò specialmente in quella seconda parte dove, parlando dell'Industria (cioè dell'arte di nascondere il proprio pensiero), il Barberino sviluppa fino all'ultimo grado gli artifici del parlare doppio in quei famosi «mottetti oscuri», che nella loro apparente innocenza insegnano precisamente l'arte di dire in segreto tutto quello che si vuole. Il poeta dice che convienecerti mottetti usare
li quali intesi non voliam che sienoda quei che con noi eno
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