Il Poeta dice, riprendendo un'antica figura mistica, che il pellicano fa rinascere i suoi figli, uccisi dalla serpe, versando su di loro il sangue del suo petto e (sostituendo chiaramente questa volta all'opera della mistica donna che porta da morte a vita quella di Cristo), dice che Cristo:
Como de pellicano tene figura,
per li peccati de' primi parenti,
resuscitando l'umana natura;
e noi, bagnati da sanguigna croce,
resuscitando da morte despentide servitute lassammo la foce:
si che per morte reprendemmo vita,
che per peccati fo da noi partita.(444)
E continua parlando promiscuamente o della rinascita in Cristo o della rinascita di colui che ha nel cuore questa donna.
Il piombino, per esempio, ha delle penne che rinascono in pianta quando egli è morto:
Cossì costei; chi la ten nel core,
in onne modo segue temperanza:
in cel fiorisce, poi ch'al mondo more(445).
Lo struzzo digerisce il ferro, dimentica le uova, ma poi pentito nutre i figli «guardando lor con occhi humiliati»:
Cossì, chi sente al core el dolce focoche nasce per disio de costei,
el mal consuma e serva in suo loco;
e se de lei peccando se scorda,
piangendo con sospiri dice omei,
quando de questa donna s'arrecorda(446).
E così di seguito. Chi conosce questa donna si conforta dei peccati come la cicogna, che quando sta male va a bere l'acqua marina e «drizza il core verso il fine e il bene»: chi la porta nel cuore non finisce mai di cantare dolcemente sentendo lo splendore della luce divina, come la cicala che canta «per ardente sole».
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