Io ò messo in galea senza biscottol'ingrato vulgo, et senza alcun piloto
lasciato l'ò in mar a lui non noto,
benché sen creda esser maestro et dotto(468).
Così scriveva il Boccaccio parlando del suo commento e, come vedremo, non dell'averlo interrotto, ma dell'averlo artefatto. E la «gente grossa» piglia sul serio la sua testimonianza sulla realtà storica di Beatrice!(469)
Terzo argomento: c'è un commento di Pietro di Dante ove si parla di Beatrice Portinari. Questa testimonianza vale anche meno di quella del Boccaccio e l'una è con ogni probabilità il semplice duplicato dell'altra. Tutti sanno che la prima e più autentica redazione del commento di Pietro di Dante del 1340 ignora completamente l'esistenza di questa Beatrice Portinari. E ciò che Pietro, figlio di Dante, ignorava nella sua maturità intorno alla vita del padre, è ridicolo credere che abbia potuto impararlo chi sa da chi nella sua vecchiaia. È ridicolo pensare inoltre che Pietro da vecchio, abbia saputo da altri quello che l'altro figlio, Iacopo, anche più vicino nella vita al padre, evidentemente ignorava, visto che nel suo commento non ne parla. Inoltre, la forma con la quale si presenta la testimonianza di Pietro di Dante è talmente somigliante, parola per parola, a quella del Boccaccio, che è ridicolo il pensare soltanto che esse siano indipendenti.
Il Boccaccio scrive nel Commento: «E percioché questa è la primiera volta che di questa donna nel presente libro si fa menzione, non pare indegna cosa alquanto manifestare di cui l'autore, in alcune parti della presente opera, intenda nominando lei(470)». E la terza redazione del commento di Pietro suona: «Et quomodo hic primo de Beatrice fit mentio de qua tanctus est sermo, maxime infra in tertio libro Paradisi premittendum est quod revera quidam domina nomine Beatrix.
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